Il Caffè Letterario – Macbeth

“Sono avanzato a tal punto nel sangue che, se non dovessi andare a guado più oltre, il tornare mi sarebbe pesante quanto il procedere.”

In questa magnifica tragedia shakesperiana Macbeth, appoggiato dall’ambiziosissima moglie, intraprende, metaforicamente parlando, un viaggio di sola andata che condurrà entrambi negli abissi del male. Tutto ha inizio quando tre streghe appaiono a Macbeth e a Banquo, di ritorno da una spedizione militare, predicendo al primo che sarebbe diventato re e al secondo che sarebbe stato padre di una stirpe di sovrani.

Da questo momento, l’idea di diventare re di Scozia comincia, come un tarlo, a insinuarsi nella mente di Macbeth che ne resta profondamente affascinato e, incalzato dalla consorte, sarà disposto a tutto affinchè si realizzi il vaticinio. Copioso sangue viene versato e le mani dei due coniugi ne sono responsabili e intrise, ci sono tradimenti, battaglie, paure, tanto dolore e, soprattutto, solitudine. Tutto questo porta entrambi, Macbeth e Lady Macbeth, alla propria distruzione che culmina con la morte, prezzo da pagare affinchè venga ristabilito l’ordine precedentemente sovvertito.

Dunque, i due sono vittime dei loro stessi desideri, della loro insoddisfabile ambizione, divenuta ossessione, che è manifestazione tangibile dell’incapacità umana di stare entro certi limiti; usando un termine greco, possiamo dire che la colpa di cui si macchiano è quella della “hybris” ovvero, della tracotanza.

“Sfuggiti alle spire della occhiuta tirannide; snidare i crudeli ministri di questo macellaio morto e della sua diabolica regina, la quale sembra che si sia tolta la vita con le sue stesse mani violente.”

Di quest’opera, straordinariamente affascinante e attuale, il personaggio che maggiormente mi ha colpita è quello di Lady Macbeth perchè, nonostante sia la più efferata, è quella che psicologicamente appare più fragile. Infatti, benché sia proprio lei a sobillare il marito affinché compia terribili atti e, di fronte ai ripensamenti di lui, si mostri impassibile e minimizzi il tutto giustificando i mezzi con il fine, a un certo punto, crolla. Il suo subconscio non regge più, è come se l’umanità da lei repressa, ricacciata nella parte più recondita del suo essere, volesse a ogni costo emergere in superficie per “umanizzarla”, per far tornare “donna” quella che altro non è se non un emblema della malvagità.

“Ho allattato, e so com’è tenero amare il bimbo che succhia: eppure avrei strappato il capezzolo dalle sue gengive senz’osso e gli avrei fatto schizzare il cervello mentre mi sorrideva, se avessi giurato come te.”

William Shakespeare – Macbeth

@eleonorafrancese

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Eleonora Francese