All’improvviso, tu – Storie (S)legate

TERZA PUNTATA

Come ci era arrivato davanti a lei se un attimo prima era sul palco a sistemare la chitarra?
L’aveva fatto di nuovo. Si era persa nei suoi pensieri chissà per quanto tempo, tanto da non accorgersi che le lancette avevano preso a girare più velocemente.
Lui la stava fissando mentre, con le dita della mano destra, sfiorava il freddo metallo della piastrina che aveva al collo. La sinistra teneva saldo un bicchiere di birra alla spina.

– Resterai a fissarmi ancora per molto? – trovò il coraggio di chiedergli Ambra, portandosi il Margarita alle labbra.
– Pensa che avrei voluto chiederti la stessa cosa! – le rispose. Era bello. Ma non un bello perfetto, di quella perfezione che diventa noiosa. Aveva una piccola cicatrice sul sopracciglio sinistro, e il colore dei suoi capelli era identico a quello degli occhi: le ricordava il miele di castagno. – Ho notato dal palco che mi fissavi e pensavo avessi qualcosa da dirmi.
Ambra non poteva immaginare che, da lì, lui si sarebbe accorto della sua presenza: aveva sempre pensato di passare, il più delle volte, inosservata.
Lui le sorrise, facendo spuntare una piccola fossetta al lato destro della bocca.
– Sono Dario comunque – le disse, porgendole la mano.

Ambra calcolò quanto tempo lui ci avrebbe messo a chiederle un appuntamento, uscire con lei, portarsela a letto e scaricarla. Probabilmente, il tutto si sarebbe concluso nel giro di quattro/cinque incontri al massimo, due mesi scarsi per farla entrare e uscire dalla sua vita. Poi lei lo avrebbe cercato, schiaffeggiato, pianto e, urlando che era uno stronzo, sarebbe andata via sbattendo la porta. Stesso copione. Attore diverso.
Sempre che lui si fosse fatto trovare. Perché nell’era degli appuntamenti 2.0 gli uomini erano anche soliti sparire senza lasciare più alcuna traccia. “Ghosting” lo chiamavano negli articoli dedicati. “Essere omuncoli senza palle” era la definizione che Ambra preferiva. E Tia le chiedeva ancora perché fosse single!
– Io Ambra – rispose, accettando la stretta di mano.

Lasciarono che le loro pelli mantenessero il contatto per qualche secondo di più del tempo, di solito, necessario a una presentazione.
– Allora Ambra, sei qui da sola? – le chiese, lasciando la stretta.
– Con degli amici, che non ho idea di che fine abbiano fatto – rispose. Si guardò intorno, ma non riusciva a vederli. Dannato Tia che l’aveva costretta a uscire e l’aveva poi mollata con uno sconosciuto.
– E me lo dici, Ambra, perché mi fissavi mentre ero sul palco?
Quel modo che aveva di ripetere il suo nome era strano. Non strano fastidioso. Strano bello. Come a volerne prendere familiarità. Si portò la mano destra dietro la nuca e la accarezzò, lasciando che poi le dita scorressero tra i lunghi capelli neri, per poi finire a giocare con una ciocca.
– Mi piace osservare le persone – disse quasi senza pensarci.
Dario tossì, facendosi andare di traverso la birra.
– Dovrai spiegarmela meglio perché, detta così, fa molto stalker – rise.
Rise anche lei. Di gusto. Di quelle risate di pancia che si trasformano in un suono aperto quando arrivano alla bocca.
– Me ne rendo conto. Ma giuro che non lo sono – disse, tra le risate.
– Che poi, è quello che direbbe una stalker – continuò lui.
– Probabilmente sì – smise di ridere e si fece di colpo seria. – Osservo le persone, cosa fanno, cosa dicono, come lo dicono. Con chi parlano, chi guardano e chi evitano di guardare. Prendi quel ragazzo, per esempio – indicò un biondino poco più in là che parlava al telefono. – Ha preso in mano il cellulare e, prima di rispondere, ha sbuffato.
– Ed è una cosa interessante?
– Molto. Potrebbe essere sua madre che gli urla al telefono questa casa non è un albergo. Oppure la sua fidanzata che lo crede a casa di un amico per una serata playstation. O la sua ex che cerca di riconquistarlo.
– Tutto questo perché ha sbuffato rispondendo al telefono? – le chiese.
– Dietro ogni persona si nasconde un mondo di possibilità. Si portano dentro storie che aspettano solo di essere raccontate.
– E tu fai questo, Ambra? Le racconti?
– Diciamo che, al momento, cerco di uscire viva da un percorso accademico che si è dimostrato più impervio del previsto.
– Trent’anni e credo sia la prima volta che sento pronunciare la parola “impervio” in un discorso reale.
Ambra lo guardò: in una situazione diversa, a questo punto, si sarebbe sganciata con una scusa qualsiasi perché, in una situazione diversa, quella frase le sarebbe suonata come una presa in giro della sua ricerca, alle volte ossessiva, lessicale. Invece, questa volta, nelle parole di Dario aveva letto un sotto testo di sincera sorpresa. Quasi ammirazione.
– Senti Ambra, la mia birra è finita e anche il tuo bicchiere è vuoto da troppo. Che ne dici se te ne offro un altro, di qualsiasi cosa tu stessi bevendo? – le propose.
Fu in quel momento che la voce di Tia arrivò al suo orecchio: si voltò e lo vide sbracciarsi facendole segno di raggiungerlo.
Abbassò gli occhi sul bicchiere ormai vuoto e, poi, spostò lo sguardo su Dario.

***

Cosa farà Ambra?
Accetterà l’offerta di Dario o raggiungerà Tia?
A voi la scelta: votate su Instagram
e fra due settimane scopriremo cosa succederà!

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Raffaella Lazzarato
Made in Taranto. Based in Milano. Sempre alla ricerca di qualcosa che mi faccia battere il cuore più forte del minuto prima. Mi accontento raramente. Scrivo per dar voce alla voce che trattengo. Scatto per imprimere nella memoria emozioni, scorci, sguardi e pensieri.

2 Comments

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