Samir

È un bambino, Samir. Ha occhi grandi e ginocchia sbucciate. I capelli arruffati.
Quando lo guardo, mi accorgo che ha il labbro inferiore leggermente sporto in avanti.
So cosa vuol dire: sta per piangere. 

È da solo, Samir. Non ha un padre, né una madre.
Nonni, zie o zii, fratelli, sorelle. 
È un bambino. Ed è da solo. Ha il labbro sporto in avanti.
Sta per piangere, Samir. Ma non piange.
Niente padre o madre. E niente lacrime. Perché le ha finite, Samir.
O perché ha già imparato a tenersele dentro.

Mi avvicino a lui. Mi inginocchio di fronte a lui. Cauto.
Il mio viso a pochi centimetri dal suo.
Gli sorrido. Lui distoglie lo sguardo.
Gli porgo una mano. Lui mette le sue dietro la schiena. 

Se ne sta lì così: il petto in fuori, il labbro sporto in avanti, gli occhi grandi, le ginocchia sbucciate e i capelli arruffati. Piccolo, eppure così grande.
In quegli occhi che non mi guardano si sono susseguite immagini che un bambino non dovrebbe vedere mai.
Penso questo mentre me ne sto di fronte a lui. Penso questo e mi sento un po’ morire dentro.
Perché la tentazione di abbracciarlo forte è tanta. Ma lui non è pronto a farsi abbracciare. Lui non è pronto a fidarsi.
Tiro fuori dalla tasca il mio naso rosso da clown. Lo indosso.
Vedo i suoi occhi seguire i miei movimenti.
È curioso, Samir.
È un bambino, Samir. 

Gli faccio una linguaccia. I suoi occhi si fanno più grandi.
È sorpreso, Samir. Adesso mi guarda.
Perché è sorpreso. E perché è curioso. 
Tiro fuori dall’altra tasca un palloncino. È giallo.
Lo gonfio e inizio, lentamente, a rigirarmelo tra le mani.

Mi guarda ora, Samir.
Mi vede.
Segue le mie mani.
Le sue non sono più dietro la schiena. 

Quando la piccola scimmietta gialla è pronta, il labbro di Samir non è più sporto in avanti.
Fa una piccola smorfia che si avvicina a un sorriso.
Gli porgo la scimmietta. E lui allunga la mano per prenderla. 

La guarda, Samir.
Mi guarda, Samir.
Mi porge l’altra mano.
E io la prendo nella mia. 

È un bambino, Samir.
Ha occhi grandi e ginocchia sbucciate.
I capelli arruffati.
E una scimmietta gialla stretta al petto. 

@rlphotoandmore

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Raffaella Lazzarato
Made in Taranto. Based in Milano. Sempre alla ricerca di qualcosa che mi faccia battere il cuore più forte del minuto prima. Mi accontento raramente. Scrivo per dar voce alla voce che trattengo. Scatto per imprimere nella memoria emozioni, scorci, sguardi e pensieri.