La Voce delle Parole: Alo’alokiki

Evitare la pioggia correndo velocemente
“Tic-tac, tic-tac, tic-tac, tic-tac…” è l’unico modo in cui, spesso, si percepisce lo scorrere del tempo, ogni attimo è scandito da frenesia, molteplicità, caos, come fosse un univoco flusso che, avvolgendo, non può che portare dritti alla fine di un percorso così tanto complesso e incomprensibile.
” Tic-tac, tic-tac, tic-tac, tic-tac”, quell’ incomparabile suono che sembra essere costante è quasi l’espressione sonora dei pensieri di chi teme lo scorrere del tempo, unito al suono dei passi che si fanno sempre più veloci e vicini tra loro fino a coprire ogni altro suono.
Chi lo teme, il tempo, non è altro che chi si accorge di averlo sia dentro che fuori di sé.
Sì, chiunque si accorga di questo, è sveglio, solo che lo è a metà: eternamente in dormiveglia ad osservare, inerme, la vita che danza col tempo, in un ballo senza fine, sotto un’eterna notte tanto buia quanto piena di stelle.
E così come quel ”tic” non esiste senza il suo amato ”tac”, quasi come il primo fosse l’inevitabile genitore del secondo e al tempo stesso l’inseparabile amante suo, la vita e il tempo camminano mano nella mano, sotto le stelle, sotto la pioggia, quasi come fossero al di sopra di tutto ciò che li circonda, quasi come fossero impenetrabili da qualsiasi cosa, se insieme. E così, durante una comune notte, in pieno inverno, sotto la luce lunare offuscata dalle nuvole, la rabbiosa pioggia che esse contengono freme e non aspetta altro che cadere giù per infrangersi contro ogni superficie e diventare infinite gocce, per poi diventare, al mattino, rugiada che scivola giù da una foglia grazie a un alito di vento.

Mentre il buio regna ancora sovrano, i due camminano mano nella mano tra i frammenti di un’anima affranta, la pioggia, e insieme riescono a scansarne ogni singola molecola.
A volte, ci sono istanti in cui le sensazioni possono creare eterne realtà impercettibili e inconsistenti ma più reali della stessa realtà sensibile. Così, quei due, uniti da un amore ardente capace di bruciare ogni gelida cosa esistente, camminano sotto la pioggia senza neppure esserne sfiorati, mentre un povero essere umano, li osserva, e cerca di imitarli, mentre corre più veloce che può, quasi potesse anche lui evitare le gocce di pioggia, quasi potesse quasi anticipare la loro caduta sul suo volto.
”Tic-tic-tic-tic-tic”, l’unico suono che continua a sentire quel povero uomo è il solo e misero ” tic”, un suono che non rimbomba trasformandosi in”tac”, un suono che non va in cerca del suo “tac” con la disperata voce di un eco, ma che, sordo, rimane identico a se stesso, disperdendosi nell’aria. ”Tic…tic…tic…”. Quell’uomo, mentre cerca di evitare le infinite gocce di pioggia cadenti, non si rende conto di stare tentando l’impossibile. Quasi come stesse andando a sbattere contro un muro convinto di poterlo attraversare. In realtà, anche se non può essere impermeabile e impenetrabile, può sempre raccogliere un po’ di quei frammenti e ritrovarci dentro. Perché, in realtà, l’anima della pioggia, così tanto affranta da lasciarsi cadere in pezzi dal cielo alla terra per risentire dentro le sue vene il peso d’essere uomo, il dolore di scontrarsi con la terra dura, non è poi così diversa da quella di quell’uomo. Eppure quei frammenti di pioggia, in qualche modo hanno ancora della speranza, c’è ancora un’unione in essi, e gli stessi legami della molecola d’acqua sono costituiti da veri e propri “ponti” formati tra le molecole d’idrogeno e ossigeno. E così, mentre quell’uomo si rassegna alla sua triste impotenza umana e si lascia avvolgere dalla pioggia, si ritrova in una pozzanghera punzecchiata dalle ultime gocce di pioggia che, forse, ha smesso di cadere. “Tic…… Tic…… Ti…”ed ecco lì la sua immagine riflessa, tutta intera, su uno specchio d’acqua mentre le stelle tutte quante gli coprono le spalle.

@lauretana-capri

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Lauretana Capri