La malattia non è la mia identità – Ezio Bosso

Ezio Bosso è morto.

All’età di 48 anni è stato stroncato nella sua casa di Bologna da una malattia neurodegenerativa che gli fu diagnosticata nel 2011 dopo l’intervento per un cancro al cervello.

Pianista, direttore d’orchestra e compositore italiano, lo ricordiamo per i suoi innumerevoli successi e la sua grandissima forza d’animo.

<< La malattia non è la mia identità, è più una questione estetica.
Ha cambiato i miei ritmi, la mia vita.
Ogni tanto “evaporo”.
Ma non ho paura che mi tolga la musica, perché lo ha già fatto.
La cosa peggiore che possa fare è tenermi fermo.
Ogni giorno che c’è, c’è.
E il passato va lasciato a qualcun altro. >>

La malattia non era la sua identità, ma fu proprio quella malattia ad aver strappato ad Ezio Bosso, passo dopo passo, prima la musica e poi la vita, ma mai la memoria.

La memoria per Ezio Bosso era qualcosa di importante, una cosa quotidiana che lo portava a vivere meglio, a ricordarsi nei momenti più bui che esisteva la luce. Un uomo da una memoria ‘identica’.

“Sul palco sono senza spartito, faccio tutto a memoria. Quando dirigo è come se avessi tutti i suoni scritti, io li ho davanti. Per me è un contatto visivo, dirigere con gli occhi, con i sorrisi, mando anche baci quando qualcuno ha fatto bene.”

Ezio Bosso era una persona sensibile ma nel contempo estroversa, riverente, carismatica. Un uomo che ha nutrito e trasmesso al mondo il suo amore per la musica. Maestro di musica e di vita.

“Si dice che la vita sia composta da 12 stanze. 12 stanze in cui lasceremo qualcosa di noi che ci ricorderanno. 12 le stanze che ricorderemo quando saremo arrivati all’ultima. Nessuno può ricordare la prima stanza dove è stato, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiungeremo. Stanza, significa fermarsi, ma significa anche affermarsi. Ho dovuto percorre stanze immaginarie, per necessità. Perché nella mia vita ho dei momenti in cui entro in una stanza che non mi è molto simpatica detto sinceramente. È una stanza in cui mi ritrovo bloccato per lunghi periodi, una stanza che diventa buia, piccolissima eppure immensa e impossibile da percorrere. Nei periodi in cui sono lì ho dei momenti dove mi sembra che non ne uscirò mai. Ma anche lei mi ha regalato qualcosa, mi ha incuriosito, mi ha ricordato la mia fortuna. Mi ha fatto giocare con lei. Si, perché la stanza è anche una poesia.”

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Christian Dell'Aira