«Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda!»

« Stamattina Peppino avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo della sua campagna elettorale. Non ci sarà nessun comizio e non ci saranno più altre trasmissioni.

Peppino non c’è più, è morto, si è suicidato.

No, non sorprendetevi perché le cose sono andate veramente così.

Lo dicono i carabinieri.

Il magistrato lo dice, dice che hanno trovato un biglietto.

‘Voglio abbandonare la politica e la vita.’

Ecco, questa sarebbe la prova del suicidio.

La dimostrazione!

E lui per abbandonare la politica e la vita che cosa fa?

Se ne va alla ferrovia, comincia a sbattersi la testa contro un sasso, comincia a sporcare di sangue tutto in torno, poi si fascia il corpo con il tritolo e salta in aria sui binari.

Suicidio!

Come l’anarchico Pinelli che vola dalle finestre della Questura di Milano, oppure come l’editore Feltrinelli, che salta in aria sui tralicci dell’Enel.

Tutti suicidi.

Questo leggerete domani sui giornali, questo vedrete alla televisione.

Anzi, non leggerete proprio niente, perché domani stampa e televisione si occuperanno di un caso molto importante, del ritrovamento a Roma dell’Onorevole Aldo Moro, ammazzato come un cane dalle Brigate Rosse.

E questa è una notizia che naturalmente fa impallidire tutto il resto.

Per cui chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia! Ma chi se ne fotte… di questo Peppino Impastato.

Adesso fate una cosa, spegnetela questa radio. Voltatevi pure dall’altra parte, tanto si sa come vanno a finire queste cose.

Si sa che niente può cambiare.

Voi avete dalla vostra la forza del buon senso. Quello che non aveva Peppino.

Domani ci saranno i funerali, voi non andateci, lasciatelo solo!

E diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo!

Ma non perché ci fa paura!

Perché ci da sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace.

Noi siamo la mafia.

E tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso.

Tu sei stato un ingenuo, sei stato un

‘nuddu immiscatu cu niente’. “»

Monologo tratto dal film ‘I cento passi‘.

La verità

Nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978 Peppino Impastato fu fermato a bordo della sua auto Fiat 850 da alcuni uomini commissionati da Gaetano Badalamenti, il mandante della morte di Peppino, un boss mafioso di Cinisi. Sequestrato e portato in contrada Feudo, nel territorio di Cinisi, in un casolare a pochi passi dall’esplosione, fu colpito ripetutamente con un sasso in testa fino a perdere i sensi. Rivestito di tritolo e posto sui binari corrispondenti alla tratta Palermo-Trapani, fu fatto esplodere in mille pezzi alle ore 01:50 lunedì 9 maggio 1978.

I familiari, gli amici, non c’erano dubbi: Peppino Impastato è stato ucciso dalla Mafia!

Eppure le indagini presero subito un’altra direzione, si ipotizzò il suicidio oppure che Peppino sia morto saltando per aria mentre preparava un attentato terroristico!

E il sasso macchiato di sangue nel casolare di fianco ai binari?

«Era sangue mestruale.» Troncarono così i carabinieri.

Un caso insabbiato dalla mafia e dallo Stato.

Solamente 23 anni dopo quel tragico evento emerse la verità!

Solamente 23 anni dopo chi di dovere aprì gli occhi sulla vicenda!

Oggi 9 Maggio 2020, quarantadue anni dopo la sua morte, vogliamo ricordare quel piccolo giovane siciliano che parlava tanto, che parlava tanto in una Cinisi muta, sorda e cieca. Lo faceva attraverso la sua radio ‘Radio Aut‘, attaccando e denunciando con irriverenza, sberleffo e comicità i potenti mafiosi del paese in cui viveva e quelli di Terrasini. Era un comunista, era un rivoluzionario, che si batteva per la giustizia sociale a 360 gradi!

«Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare… prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!»

«La mafia uccide, il silenzio pure!»

Peppino Impastato

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Christian Dell'Aira