C’è sempre, per ognuno di noi, un sapore, un odore in particolare che rimanda i nostri cuori direttamente al centro dei nostri ricordi più felici e spensierati, dove la tranquillità e la pace parevano regnare indisturbati in quel limbo di fanciullezza che tanto, in seguito, si sarebbe andati vanamente a ricercare.
E noi rimaniamo lì, consumati nel nostro piacere nel tornare indietro con la mente, cadendo in una sorta di “anomalia sensoriale”, dove un tripudio di sensazioni dalle sfumature più varie ma tutte cariche di una sconfinata intensità, non fanno altro che farci rivivere quei pochi attimi di gioia; spesso, siamo inconsapevoli della così effimera durata di questi momenti, a volte non prestiamo la giusta attenzione e così, come sciocchi, lasciamo fuggire via questa vera e propria bontà dell’anima.
Quando ciò accade, e nel momento in cui rinsaviamo dal torpore emozionale, ci rendiamo conto della nostra stupidità, e iniziamo a maledire noi stessi, incolpandoci silenziosamente e, di colpo, la nostra anima viene travolta da un fiume di negatività; non è raro che le lacrime, a quel punto, inizino a calare con intensità sempre più crescente: nascono dal cuore, dalla sua sorgente interna, e finiscono per scivolare dalle guance al petto, lambendo quella porzione che delinea esternamente la posizione di quel muscolo che sa donarci la vita.
